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GUIDO SILEONI

Considerazioni a margine di una fase artistica (2018-2020)

Circa "Alius Pulchritūdo" (un’altra bellezza). Origine, sviluppo del pensiero e obiettivi annessi


Contrariamente a ciò che sul panorama artistico internazionale la tendenza o la “vulgata” avrebbe la legittima pretesa di imporre, seppure con tutti i limiti e le particolarità di ogni singolo artista, la mia necessità di rappresentare taluni soggetti prende forma da un pensiero preciso che non si basa, o meglio non scaturisce dall’opportunità di denunciare un fatto, di raccontare o di descrivere un tema specifico, di portare all’attenzione del pubblico una questione morale o etica attraverso qualsivoglia linguaggio visivo o azione, che sia palesemente o meno legata al periodo storico in cui stiamo vivendo, che non nasce dall’intenzione di fare “politica”, di proporre quell’arte “engagé” tanto cara alla contemporaneità (che io stesso ritengo storicamente necessaria o almeno utile ad un fine ultimo responsabile e quantomeno doveroso considerata l’evidente immoralità sociale ed ecologica che è sotto gli occhi di tutti), di un pensiero in definitiva che abbia interesse particolare, specifico, ovvero volto ad operare dichiaratamente sul mondo, tutt’altro. Il mio pensiero nasce da quella necessità interiore che è strettamente legata all’anima, alla mia anima in particolare in quanto individuo e di conseguenza all’anima universalmente riconosciuta, quella che ogni essere umano, empiricamente, ha. O almeno è così, in questa fase introspettiva del mio percorso artistico.

Tenendo in forte considerazione il tempo in cui viviamo dove la società tecnologica postmoderna impone degli “universali” quali modelli di stato, di economie, di diritto, di scienza eccetera come dogmi dai quali diventa impossibile per una parte considerevole dei popoli annessi a taluni sistemi di discostarsi da essi, almeno per quelle società “occidentalizzate”, e per questa impossibilità di essere tutti d’accordo su quali modelli di società costruire che non siano quelli basati esclusivamente sull’esasperante concetto di tecnica, il mio pensiero tende a discostarsi da questi schemi. La contemporaneità dunque, rinuncia all’universalità come senso. Universali come il diritto, la religione, i rapporti umani, l’etica, l’ambiente, la politica sono stati piegati dalla tecnocrazia che ha la pretesa di persuadere gli uomini a credere che essa sia un’universale, ma non lo è in quanto la tecnica non porta in sè alcun senso, dove la profondità del pensiero è completamente assente e i suoi fini sono effimeri perché legati unicamente ad interessi particolari a concezioni come l'edonismo, quindi al materialismo e al denaro. Per tanto il mio obiettivo e diciamo così il mio “impegno artistico” come etica deontologica si prefigge di proporre un’arte slegata dalle correnti e dal pensiero artistico dominante, un’arte che abbia una profondità di pensiero, una portata ontologica laddove il senso dell’universale (in questo caso l’uomo nella sua accezione più complessa e vasta e quindi la natura in quanto senso universale) è la cifra che ambisco a comunicare con l’ardua pretesa che lo spettatore inneschi dentro di sé il ragionamento, il “logos”, al fine di comprendere (o tentare di farlo) l’universale in quanto esso rappresenta ciò che è conosciuto dalla ragione, è concetto che trascende i casi particolari e quindi ci permette di andare al di là di essi. 

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©2022 by Francesca de' Medici

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